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Self-service digitale: perché funziona

Perché le aziende dovrebbero ricorrere a piattaforme self-service digitali per i loro dipendenti e clienti: tutti i vantaggi e le sfide.

“I feel the need, the need for speed”.

Siamo tutti dei Maverick.

Qualunque persona vuole una cosa sola: una risoluzione veloce ai suoi problemi. Infatti l’attributo più importante della Customer Experience è “fast response times”, secondo un report di SuperOffice. Questa esigenza è anche alla base del fatto che l’81% delle persone cerca di risolvere le proprie esigenze in autonomia prima di rivolgersi ai canali ufficiali per assistenza e richiesta di servizi.

Si cercano risposte con il minimo attrito: a nessuno piace dover attendere al centralino, allo sportello o dover rimandare la risoluzione del problema all’arrivo della mail di risposta alla propria richiesta. Se poi sono coinvolti più dipartimenti, lo sforzo è moltiplicato: i passaggi di uffici aumentano la latenza.

Le modalità di comunicazione verbali, inoltre, possono causare confusione: il cliente cerca di spiegarsi, ma non ha competenze sufficienti per circoscrivere esattamente il problema e se le risposte (e le richieste di chiarimento) sono asincrone i tempi di risoluzione possono essere veramente lunghi.

Fornendo strumenti e risorse per risolvere i problemi in modo autonomo, le persone si sentirebbero in una situazione di maggior controllo nei confronti dei servizi richiesti, potendo usufruirne in maniera tempestiva.

Il self-service digitale è la risposta

Un efficace canale di self-service digitale permetterebbe di soddisfare più velocemente le esigenze delle persone, riducendo al contempo i costi di erogazione del servizio. Vediamo quali sono i vantaggi:

  • trasforma i centri di costo in centri di profitto


Le funzioni di supporto e assistenza (Customer Service, Assistenza Tecnica ecc.), nonché i dipartimenti non direttamente produttivi (HR, Facility ecc.) sono visti dalle aziende come centri di costo, con cifre in aumento negli ultimi anni.

Ma se i vantaggi legati all’employee e alla customer satisfaction non fossero sufficienti a giustificare la spesa — e qui tanti sbagliano, vista la retention nel lungo periodo — ci sono altri elementi che le organizzazioni possono sfruttare del self-service per stabilire un vantaggio competitivo e generare nuovi flussi di reddito.

Uno di questi è la capacità predittiva. Invece di aspettare che le persone sollevino problemi, un canale self-service digitale permetterebbe di identificarli e risolverli prima che si presentino. Strumenti di monitoraggio e analisi predittiva basati sull’Intelligenza Artificiale possono raccogliere informazioni per avere consapevolezza in tempo reale sulla situazione e sul contesto, identificare situazioni anomale e modellare comportamenti di risposta automatici.

Inoltre, una filiera “digitale” permette di innovare e personalizzare prodotti e servizi: viste che mostrano a colpo d’occhio trend, problematiche ricorrenti, dati aggregati sull’utente aiutano a definire strategie più vicine alle esigenze delle persone.

  • offre un’esperienza multicanale centralizzando e integrando sistemi diversi


Una singola interfaccia di richiesta — detta anche SPOC (Single Point of Contact) — ottimizza l’experience vissuta. Le persone consultano un’unica pagina digitale, accessibile da qualsiasi device in mobilità e 24/7, per ottenere le informazioni, i servizi e le risoluzioni di cui hanno bisogno.

Tutto è centralizzato e integrato nel back-end: la conoscenza relativa alle problematiche, le informazioni degli account, le attività degli operatori, i sistemi aziendali (anche di funzioni diverse). Il digitale permette di standardizzare i flussi dietro un catalogo di richieste di servizio. FAQ, basi di conoscenza, chatbot e assistenti virtuali sono strettamente collegati e sono modi per diversificare l’esperienza delle persone su più canali che sotto il cofano hanno lo stesso “motore”.

  • riduce i costi operativi

Una base di conoscenza integrata al portale self-service potrebbe trasformare il self-service in una piattaforma di self-help in grado di supportare lo shift-left, ovvero lo spostamento di ticket a sinistra (da livello 1 allo 0 del self-service), liberando così gli operatori per lavorare su problemi più complessi.

Immaginiamo che un cliente si rivolga al portale self-service dell’IT per scoprire come risolvere un problema comune con il suo portatile o con un’applicazione. Potrebbe iniziare la sua interazione con un chatbot, per poi passare a un articolo fornito attraverso il collegamento del bot alla base di conoscenza intelligente, senza alcun bisogno dell’intervento dell’operatore.

In caso di impossibilità di risoluzione, il portale ha già registrato gli step dell’utente, completando in automatico il ticket con le informazioni necessarie da indirizzare alla figura giusta: l’operatore vede rapidamente i passaggi che l’utente ha già tentato attraverso il portale self-service e il contesto di richiesta e può risolvere rapidamente il problema. Il digitale permette di collegare più velocemente le richieste alle persone giuste e di ridurre la confusione di una comunicazione verbale e poco strutturata.

Non solo il tempo di risoluzione è più rapido grazie alla documentazione chiara e all’automazione, ma l’utente può anche ridurre i tempi di inattività durante la risoluzione del problema. Tutto ciò contribuisce a migliorare i risultati aziendali, soprattutto in caso di utenti interni.

Secondo alcuni dati forniti da Easyvista, un portale di supporto self-service permette di:

  • ridurre del 30% le chiamate di primo livello, con conseguente deflazione dei ticket
  • migliorare il tempo di risoluzione del 20%
  • ottimizzare la gestione della conoscenza del 90%

Non bastano obiettivi tecnici

Tuttavia, per realizzare un portale self-service digitale che funziona non è sufficiente l’aggiunta di chatbot o di tecnologie avanzate. Deve essere implementato come parte di una strategia in cui deve essere determinato lo scopo ultimo del self-service e l’impatto che questo avrà sull’esperienza complessiva del cliente.

È qui che entra in gioco un concetto di “bellezza funzionale”: non è bello solo quello che è digitalmente accattivante (interfacce UX-friendly ecc) ma è bello quello che funziona. E in questo caso quello che funziona, è quello che permette alle persone di semplificare il raggiungimento dei loro obiettivi.

Troppo spesso le aziende si limitano a trasporre sul digitale i loro processi di erogazione dei servizi così come sono organizzati in analogico. Ma non si rendono conto che così facendo digitalizzano anche le inefficienze e le ridondanze. Per questo motivo, bisognerebbe fare un’analisi dei processi di erogazione dei servizi a partire dalle esigenze delle persone coinvolte, identificando il percorso più semplice e diretto per raggiungerle.

Solo così il digitale potrà dare un valore aggiunto ai servizi erogati dall’azienda: diventa una semplificazione, la velocità che realmente mancava per ottenere subito risoluzioni a esigenze/problemi.

*L’articolo, a firma Camilla Bottin, è stato originariamente pubblicato su Catobium. Il Magazine di Catobi. 

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