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Lettera aperta al (nostro) futuro digitale

Ci stiamo abituando sempre di più all’idea che le tecnologie digitali siano di per sé uno dei principali elementi trainanti dell’evoluzione umana e che possiamo contare su di loro per risolvere i problemi che incontreremo nel nostro percorso.

Ma ipotizzare scenari operativi e progettare sistemi sulla base delle mere capacità tecnologiche senza tenere nella giusta considerazione il “fattore umano”, implica l’imbocco della strada che conduce verso una sorta di “transumanesimo”, dove il cambiamento è governato più dall’evoluzione tecnologica che dal rispetto delle reali esigenze delle persone.

Non è nuova l’idea che le tecnologie possano offrire una speranza di redenzione: le macchine potrebbero liberare gli esseri umani dalle fatiche e dalle limitazioni imposte alla loro esistenza. Ma la storia, già a partire dalla rivoluzione industriale, ha in varie occasioni smentito questa speranza ed oggi l’auspicata digitalizzazione totale che dovrebbe fornire risposte ad ogni tipo di problema sociale ed economico corre il rischio di diventare “millenarismo tecnologico”.

La razionalità tecnologica

Sono le aspirazioni al miglioramento insite nell’essere umano ad essere la variabile aleatoria che introduce un cambiamento di paradigma. L’idea che un giorno tutto il nostro mondo sarà governato dalla razionalità tecnologica e che ogni suo ambito sarà afferrabile, prevedibile e gestibile è in aperto contrasto con l’autorialità degli esseri umani nei confronti della loro vita e delle loro scelte.

Pensiamo al concetto di Intelligenza Artificiale forte, dove le macchine possono diventare sapienti e coscienti, ovvero consapevoli. Si tratta di una visione meccanicistica che riduce la complessità del mondo a regole e modelli, in cui i comportamenti e le azioni sono determinati da stimoli sensoriali e quindi sono altamente prevedibili e riproducibili. Ma non è ormai più ragionevole rendere le persone delle unità funzionali capaci di riprodurre azioni all’interno di sistemi ordinati come nella fabbrica tayloristica.

Oggi, per essere competitive, le organizzazioni stanno ricercando ed investendo sulla curiosità e sulla creatività delle persone come valori primari su cui fondare le trasformazioni, ovvero i cambiamenti che l’evoluzione richiede per poter essere attuata. Sono i talenti degli individui che prima di tutto occorre valorizzare e la tecnologia dev’essere funzionale a questo, liberando le persone da ridondanti attività ripetitive che occupano tempo e magari consentono di attuare organizzazione, ma senza dare alcun contributo reale all’evoluzione.

Le aziende hanno cominciato ad avviare progetti di trasformazione digitale per creare maggiore efficienza ed organizzazione, ma solo di rado hanno pensato di adeguarle anche alle reali esigenze degli utenti, per individuare i percorsi più semplici e consentire loro di esprimere il loro reale potenziale. Un’occasione sprecata, se pensiamo al valore aggiunto che l’intelletto umano può portare, se messo nelle condizioni di essere liberato dalle incombenze di attività onerose.

Il futuro digitale tiene conto delle persone?

Un progetto di trasformazione digitale non può quindi definirsi completo se non include le persone in questa equazione, e inoltre senza tale attenzione abbiamo notato che gli investimenti rischiano di non giungere a un accettabile livello di successo a causa delle inevitabili resistenze al cambiamento e dei conseguenti bassi tassi di adozionesprechi di risorse e lunghi tempi di attuazione.

Il nostro futuro potrebbe essere migliore se solo il digitale riuscisse ad amplificare le potenzialità e le peculiarità umane pensate nella loro unicità, per questo c’è bisogno di adottare una cultura di “umanesimo digitale”. Non siamo i soli a voler ripensare il digitale con un nuovo approccio, ma aderiamo con entusiasmo a questa prospettiva ormai parte del dibattito, espressa anche da alcuni brillanti analisti di Gartner come:

«is the notion that people are the central focus in the manifestation of digital businesses and digital workplaces. Businesses who embrace digital humanism use technology to redefine the way people achieve their goals and enable people to achieve things not previously possible».

L’umanesimo digitale è il risultato di una convergenza non ancora pienamente espressa tra il nostro patrimonio culturale e la tecnologia che ha prodotto una sfera sociale senza precedenti. Questa convergenza, invece di creare il mero passaggio tra il passato e il presente, ha ridefinito concetti, categorie, oggetti, comportamenti e pratiche associate, il tutto in un nuovo ambiente. L’umanesimo digitale è l’affermazione che la tecnologia, nella sua dimensione globale, è una cultura, in quanto crea un nuovo contesto, su scala globale.

È con l’intenzione di dare il nostro contributo a questa prospettiva nella quale ci siamo già impegnati per renderla pratica quotidiana, che con grande piacere che mi rendo promotore, insieme alla nostra azienda, del Manifesto della Persona Digitale, un impegno di responsabilità per tecnologie sostenibili per i dipendenti e le aziende.

Abbiamo individuato dieci principi che, secondo noi, sono utili nel costruire un futuro digitale migliore per chi lo vive, sperimentandolo quotidianamente nelle realtà nostre clienti.

Questa lettera aperta vuole essere un invito alla riflessione sul tema, per generare un movimento di digitalizzazione consapevole, dove sono le tecnologie ad essere costruite su misura delle persone e non viceversa.  

Chiunque può sottoscrivere il Manifesto della Persona Digitale ed essere parte di questo cambiamento

*Articolo a firma di Fabio Mavaracchio, CEO di WEGG. 

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