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Bot RPA: automazione assistita e non assistita
Cosa si intende quando si parla di automazione assistita e non assistita in riferimento ai bot RPA? Quali sono le differenze di cui devono tenere conto le aziende?
Secondo Deloitte, che ha coniato il termine, ripensare la collaborazione tra uomo e macchina potrebbe aprire a una serie di potenzialità fino ad oggi completamente impensabili.
Una collaborazione che è un win-win: i robot sono i candidati ideali per quei compiti noiosi, time-consuming e soggetti ad errore che l’uomo trova poco stimolanti. Non soffrono la ripetitività, non sbagliano nemmeno di fronte a enormi volumi di attività, sono disponibili 24×7.
I nostri (per nostri, intendo del genere umano) punti di forza, invece, sono la creatività, il pensiero laterale, la strategia: in questo modo avremmo tempo liberato per pensare.
Tra queste tecnologie rientra la RPA (Robotic Process Automation): in pratica sono dei software “intelligenti”/bot che, opportunatamente programmati, sono in grado di automatizzare attività che altrimenti richiederebbero molto tempo per essere eseguite da un umano.
McKinsey dice che il 60% dei lavori ha almeno il 30% delle attività che possono essere automatizzate. Ma ci sono dei settori che, per via della loro struttura rigida (processi documentati, regole chiare ecc.), si prestano particolarmente all’applicazione RPA.
Il Banking/Finance è tra questi: dipartimenti back-office e unità organizzative possono beneficiare dell’uso di bot per evadere richieste, generare report, inserire e sincronizzare dati tra più sistemi. Le banche, in particolare, hanno tecnologie recenti e meno recenti: la tecnologia RPA può essere collante di queste applicazioni creando un sistema unico.
Quando il bot è attended
I bot RPA non sono tutti uguali. Ci sono quelli che lavorano con il dipendente e quelli che lavorano in autonomia. Entrambi possono eseguire automaticamente processi basati su un flusso di lavoro impostato ma vengono attivati in modo diverso.
Quando parliamo di attended RPA, ovvero automazione assistita, facciamo riferimento a bot che aiutano un singolo dipendente a massimizzare la sua produttività. Sono come degli assistenti virtuali, solitamente installati sul dispositivo dell’utente.
Si tratta quindi di un’automazione che viene eseguita sotto la supervisione umana: il robot può semplicemente chiedere all’utente l’input per attivare/completare il processo. Facciamo un esempio: alla richiesta dell’utente, il bot potrebbe compilare automaticamente i dati per l’invio della nota spese e allegare gli elementi necessari, fino al click finale del dipendente.
O nel caso di un servizio clienti, il bot assistito potrebbe trovare i dati del cliente da un’applicazione e digitarli automaticamente. In questo modo, l’agente del call center passerebbe meno tempo a passare da un’applicazione all’altra e può concentrarsi sulla risoluzione del problema del cliente.
Il dipendente beneficia della precisione e del risparmio di tempo garantito dall’automazione. Sia chiaro, comunque, che il bot può eseguire solo attività che l’utente è autorizzato a compiere.
Quando il bot è unattended
Quando parliamo di automazione non assistita (unattended), lo scenario è differente. Si tratta di software robot che sono progettati per eseguire processi per più dipendenti, su larga scala.
Essi sono svincolati da utenti specifici (o da specifiche azioni da loro compiute). Eseguono i processi secondo una pianificazione impostata (secondo priorità e livelli definiti), che può essere attivata da un evento predefinito (es. l’arrivo di una mail) o da input di API, per via dell’interconnessione tra più sistemi. Ad esempio, la contabilità di una grande società creditizia potrebbe richiedere l’elaborazione di milioni di fatture, aggiornando i dati sul gestionale. L’automazione non presidiata è l’ideale quando ci sono processi da automatizzare su larga scala.
Riassumiamo le differenze tra automazione assistita e non:
Tecnologie RPA: una panoramica
La Forrester Wave è un report (scaricabile qui) che mappa i top vendor RPA.
Le varie piattaforme presenti hanno in comune la flessibilità e la possibilità di integrarsi in svariate tecnologie tramite APIs e servizi. Più che sulla tecnologia si differenziano per visione, approccio allo sviluppo (coding) e nella strategia go-to-market (licenze e pricing).
Tra di esse segnaliamo Power Automate, la piattaforma RPA di Microsoft, che si pone proprio come scopo la democratizzazione e l’accessibilità a tutti di questa tecnologia. Essa supporta sia scenari assistiti sia non assistiti, differenziando le licenze:
“Power Automate per user Plan” è da considerarsi quando l’automazione è eseguita con l’utente davanti al pc e il processo richiede interazione umana o decisioni prima di procedere
“Power Automate unattended RPA add-on” invece quando l’intero processo è eseguito da Power Automate e non sono richieste interazioni
Capire i differenti scenari è utile non solo per scegliere la soluzione giusta, ma soprattutto per licenziarla correttamente.
Ma il problema si pone soprattutto con gli altri applicativi aziendali con cui i bot si interfacciano quotidianamente, replicando le azioni umane. Parliamo di CRM, gestionali e altri software in cui i bot entrano e in cui estraggono, aggiornano o modificano i dati. Come forse saprete, quando si usufruisce di un software, bisogna che questo accesso sia coperto da licenza.
L’accesso indiretto
Il tema degli accessi indiretti è molto delicato. Prendiamo il caso di SAP, che è il gestionale più conosciuto: esso stabilisce che qualsiasi accesso, diretto o indiretto, debba essere licenziato.
Dietro questi accessi “indiretti” potrebbero esserci scenari di automazione assistita (c’è un umano dietro a tutto) ma anche non assistita. Storicamente la metrica più usata dagli applicativi software per licenziare l’uso del software è di tipo nominativa (licenze per utente). E i bot, come li dobbiamo considerare?
Se il vendor del software trova le aziende non in regola su questo punto, potrebbero esserci pesanti esborsi da sostenere.
Nel caso di SAP, come abbiamo spiegato in maniera approfondita qui, ci sono diverse variabili da considerare, tra cui proprio la natura e il comportamento del bot.
Se è un bot collaborativo con l’utente potrebbe essere già potenzialmente coperto da licenza nominativa, mentre se si tratta di uno scenario non assistito c’è una nuova metrica, il Digital Access, che si basa sul numero di documenti che i sistemi terzi vanno a creare su SAP. E ci sono casi in cui non serve licenza (vedi l’indirect static read).
Abbiamo citato SAP, ma tutti questi elementi sono da considerare nella scelta del modello di licensing dei nostri software aziendali. Vista la possibile adozione di progetti RPA in azienda (ora e sicuramente in futuro!), abbiamo considerato se si verificano casi di accesso indiretto non coperti da licenza?
Che sia il caso di concordare con il vendor metriche più adatte all’era digitale? Tutte queste riflessioni devono essere chiare nella testa di chi gestisce i rapporti con i vendor software, per garantire le migliori condizioni contrattuali anche per i prossimi anni, quando RPA sarà sicuramente di uso comune.